Nel campo di calcio Vis Aurelia, a Roma, si disputa, a parecchia distanza dall’attenzione dei tornei maggiori, un campionato amatoriale di calcio femminile a otto. Le giocatrici che militano nelle sei formazioni in gara provengono da ogni parte del mondo. In prevalenza sono sudamericane – e per questo l’evento sportivo viene seguito con passione dalla web radio Vox Mundi (con conduttrici di lingua spagnola, che le chiamano “mujeres luchadoras”, donne che lottano) – ma arrivano anche da Capoverde, Cina, Marocco, Moldavia. L’obiettivo delle documentariste Isabel Achával e Chiara Bondì si concentra su sette di loro, inoltrandosi con successo e discrezione nelle loro origini familiari, in ascolto di aspirazioni e rinunce.
Elvira (che gioca nel Paraguay), ha 48 anni, ecuadoriana, 200 chilometri in bici ogni settimana come donna delle pulizie, in Italia da 22 anni e ancora senza permesso di soggiorno. Bea (Club Colombia) viene dal Perù: 36 anni, oggi tata, ex badante e domestica. Vania (Paraguay) a Capoverde, dov’è nata, ha giocato come professionista, 37 anni, da 8 in Italia, che spera di lasciare per raggiungere la famiglia negli USA. Joan, peruviana, 34 anni, “la recojida”, cioè “adottata” da due amiche con cui vive, insieme alla bambina di una di loro, infanzia difficile e schiena distrutta, gioca per le Peruanas en Roma. Stessa squadra di Melisa, peruviana, 38 anni e in Italia da 2, fa da badante al novantenne Enzo, è partita dal suo Paese per sfuggire ai debiti.
Siham, donna delle pulizie, 44 anni, in Italia da 17, fanatica di calcio, gioca nel Paraguay e ha lasciato in Marocco una società maschilista che non la accetta. Ana in Moldavia sognava il professionismo, ama il pallone da sempre e oggi nella Estrellita Juvenil, in Italia da 16 anni e oggi assistente educatrice, studia Scienze motorie all’Università.
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